Glioblastoma Multiforme: la tempesta perfetta

Ieri è stata una strana giornata. Ho letto che a causa del COVID-19 l’aspettativa di vita media si è abbassata di circa un anno. Ora si attesta a 82 anni (79,7 anni per gli uomini e 84,4 per le donne). Parallelamente ho letto che gli investimenti sulle start-up che promettono di estendere l’aspettativa di vita invertendo l’invecchiamento stanno aumentando e a investire in queste startup sono i super ricchi come Bezos. Vi è infatti un paradosso … i giovani vogliono diventare ricchi … i ricchi vogliono ritornare giovani.

Uno spunto interessante di riflessione è che lavorare sui fattori Yamanaka (che sembra controllino l’invecchiamento) e cercare di riprogrammare le cellule per farle ringiovanire porta con sé per il momento il rischio di generare tumori che invece ti uccidono. 

Personalmente io cercherei prima di sconfiggere i tumori e poi cercherei di estendere la vita anche se ovviamente le diverse ricerche nono sono l’una alternativa all’altra. Mi piacerebbe poi che questi farmaci che promettono la longevità fossero accessibili a tutti … anche se so perfettamente che questo non è realistico e certamente per un periodo saranno accessibili solo per i super ricchi, poi per ricchi e infine per i comuni mortali.

C’è una malattia che è invece molto democratica perché colpisce tutti, ricchi e poveri in egual modo: il glioblastoma.

Non esiste ancora una cura per il glioblastoma, ma lo standard di cura in vigore da oltre un decennio sta iniziando a cambiare, come evidenziato in una serie di studi promettenti.

Tra i tumori il glioblastoma può essere considerato una sorta di tempesta perfetta. Cresce rapidamente e si trova nel cervello, la parte più protetta e delicata del corpo umano. Ciò significa che l’intervento chirurgico deve essere eseguito rapidamente e sono pochi i farmaci che possono raggiungere il tumore data l’impenetrabile barriera ematoencefalica.

Inoltre, le cellule sono eterogenee, il che significa che ognuna deve essere mirata individualmente per rallentare la crescita del tumore.

La chirurgia ha difficoltà a rimuovere tutto il cancro a causa del modo in cui il tumore penetra nel cervello, quindi il tumore ricomincia a crescere subito dopo l’intervento.

Il tasso di sopravvivenza medio è di 15 mesi con il trattamento e inferiore a 6 se non trattato secondo il National Cancer Institute. Anche se il tasso di sopravvivenza a cinque anni è di circa il 6% questi pazienti probabilmente non si potranno mai considerare liberi dal cancro e dovranno continuare a ricevere radioterapia e chemioterapia per il resto della loro vita.

Il tumore crea nuovi vasi sanguigni man mano che cresce e può accumulare cellule morte nel suo nucleo. Non capiamo ancora cosa causa i GBM.

Quello che si sa è che il glioblastoma non è ereditario, viene diagnosticato negli adulti più che nei bambini ed è leggermente più comune nei maschi.

Ci sono studi che hanno presentato prove che collegano i tumori all’uso del telefono cellulare, all’esposizione alle radiazioni o al lavoro in determinate professioni. 

Il numero di studi e ricerche incentrati sulla causa e sul trattamento del glioblastoma è salito alle stelle negli ultimi dieci anni così come il valore del mercato dei farmaci e delle terapie per curare il glioblastoma.

È stato il progetto multimilionario “Cancer Genome Atlas” a confermare la difficoltà nel trattamento del glioblastoma. Non esistono due tumori uguali e questo significa essenzialmente che nessun paziente ha esattamente la stessa forma di cancro.

La più grande svolta nella lotta contro il glioblastoma è arrivata nel 2002, quando la FDA ha approvato la temozolomide per l’uso nei pazienti.

Questo è il farmaco chemioterapico che i pazienti assumono dopo l’intervento chirurgico e la radioterapia.

È anche uno dei cinque farmaci approvati dalla FDA per il trattamento del glioblastoma, insieme a lomustina, carmustina per via endovenosa, wafer di carmustina e bevacizumab (Avastin). Altri farmaci sono approvati in altri paesi come il Regorafenib che viene utilizzato in Italia. 

Tuttavia al momento il trattamento standard non rappresenta una cura visto che è solo in grado di rallentare la progressione della malattia salvo rari casi.

Recentemente un gruppo di ricercatori della Columbia University è riuscito a individuare quattro diverse categorie di glioblastoma in base alla sua caratteristica biologica fondamentale.

Il gruppo chiamato “mitocondriale” potrebbe essere trattato da un farmaco che impedisce ai mitocondri di alimentare la cellula tumorale e questo potrebbe effettivamente fermare la crescita di questa tipologia di tumore.

La dottoressa Maria Castro dell’Università del Michigan, è attualmente al lavoro su un vaccino contro il glioblastoma che sembra per ora funzionare sui topi. Infettando i topi con un virus oncolitico ossia che uccide alcune delle cellule tumorali risvegliando il sistema immunitario si è notato che non solo la malattia regredisce ma se ai topi vengono iniettate nuove cellule tumorali il loro sistema immunitario è in grado di eliminarle senza ulteriori trattamenti. 

Allo studio vi è anche un unico trattamento non invasivo e sonodinamico sviluppato dai ricercatori dell’Ivy Brain Tumor Center. Un farmaco, la protoporfirina, viene somministrato per via endovenosa e si dirige nel cervello dove viene metabolizzato solo dalle cellule di glioblastoma.

La protoporfirina viene quindi attivata tramite un ultrasuono, che stimola l’energia fotodinamica dall’interno delle cellule di glioblastoma e le distrugge. La fase di sperimentazione clinica iniziata è a marzo.

Il trattamento con campi elettromagnetici alternati (dispositivo Optune) si è dimostrato lo sviluppo più efficace degli ultimi anni riuscendo a portare l’aspettativa di vita media a due anni. Questo trattamento richiede tuttavia che venga rasato a zero il cuoio capelluto del paziente e che il paziente indossi un caschetto per 18 ore al giorno. Nuovi trattamenti simili in fase di studio sembrano anche più efficaci e fortunatamente non richiedono che il paziente venga rasato completamente né di essere indossati per così tanto tempo.

Insomma la diagnosi di glioblastoma è difficile da digerire ma la ricerca è al lavoro e la speranza di tutti è che alcuni di questi nuovi trattamenti o una loro combinazione mirata ossia studiata per il singolo paziente e il suo specifico glioblastoma sia in grado di farlo sopravvivere alla tempesta perfetta. 

Chissà, magari questo potrebbe paradossalmente anche aiutare gli studi sulla longevità poiché potenziali tumori stimolati dal tentativo di invertire l’invecchiamento potrebbero essere neutralizzati. 

Infine, dopo queste lunghe riflessioni, vi chiedo ancora e con ancora più forza di continuare ad aiutare la campagna di raccolta fondi Glioblastoma.it for CUSP9v3 Phase II-III for Emanuele condividendo il link in modo da passare la voce e sensibilizzare quante più persone possibile.