Una Partita a Scacchi con il Glioblastoma

Spesso sentiamo parlare di terapia di precisione per il glioblastoma ossia della possibilità di analizzare i geni del tumore della specifica persona e di utilizzare terapie specifiche per trattare quello specifico tumore massimizzando l’efficacia. Questo tipo di terapie differiscono dai protocolli che si applicano uguali a tutti i pazienti di glioblastoma, come il famoso protocollo STUPP.

In questi giorni è stato pubblicato un lavoro molto interessante che descrive un caso di applicazione di una terapia personalizzata e di precisione: Impressive response to dabrafenib and trametinib plus silybin in a heavily pretreated IDH wild-type glioblastoma patient with BRAFV600E-mutant and SOX2 amplification. Il lavoro pur essendo relativo a un singolo caso mi è piaciuto molto perchè racconta una specie di partita a scacchi tra i medici e il paziente da una parte e il glioblastoma dall’altra. Questo lavoro ci aiuta a capire come queste terapie di precisione funzionano e quanto possono essere efficaci.

Il glioblastoma wild-type è il tumore cerebrale primario più frequente nei pazienti adulti e la sua prognosi è ancora infausta con una sopravvivenza mediana di circa 1 anno. La mutazione BRAFV600E, un bersaglio importante per la terapia personalizzata, è stata identificata in circa il 3% di questi pazienti. A questi pazienti è possibile somministrare inibitori BRAF. Tuttavia il glioblastoma talvolta risponde con l’amplificazione e la sovra espressione del gene SOX2 che può rappresentare un importante meccanismo di resistenza agli inibitori BRAF mediante l’attivazione del gene STAT3.

Il caso di studio esaminato dall’articolo si riferisce a un uomo di 42 anni con glioblastoma già pesantemente pretrattato (ossia un paziente che ha già fatto diversi trattamenti che tuttavia si sono rivelati non efficaci) con mutazione BRAFV600E e amplificazione SOX2. Il paziente, trattato all’Istituto Oncologico Veneto di Padova, ha avuto una risposta completa alla terapia con dabrafenib più trametinib e silibina, un potente inibitore di STAT3. Il paziente è attualmente ancora in trattamento dopo un totale di 24 mesi con una terapia di mantenimento.

Al glioblastoma che ha sovra espresso il gene SOX2, i medici hanno risposto aggiungendo al trattamento la silibilina inibisce il gene STAT3 che a sua volta resiste agli inibitori BRAF.

Il risultato è promettente e dimostra come in un trattamento personalizzato con inibitori BRAF in pazienti con glioblastoma con mutazione BRAFV600E la silibina può svolgere un ruolo importante nel ridurre la resistenza ai farmaci durante la terapia con inibitori BRAF.

Insomma una specie di partita a scacchi con mosse e contromosse. Queste terapie personalizzate e di precisione possono rappresentare una soluzione almeno per pazienti con mutazioni per le quali esiste un farmaco o una combinazione di farmaci efficace. Certamente queste terapie non sono di facile applicazione: il paziente deve recarsi in un centro specializzato dove è possibile fare un’analisi genetica completa del glioblastoma e un’intera equipe deve ragionare sul caso specifico ma in questo modo quello che sembra impossibile diventa possibile.

Spero di avervi raccontato nel modo più semplice possibile come funziona la terapia di precisione attraverso l’esame di un caso documentato. C’è da augurarsi che sempre più terapie di precisione efficaci diventino disponibili e sempre più pazienti possano avere una speranza di sopravvivenza a lungo termine.