La Storia di Jason e del suo Glioblastoma

Riporto di seguito la storia di Jason, raccontata da Gloria, la sorella. La storia di Jason è una testimonianza di coraggio e determinazione nella lotta contro il glioblastoma. Jason ha deciso di affrontare la malattia con una forza straordinaria, affrontando sfide che pochi avrebbero mai immaginato. In questa battaglia, Jason ha potuto contare sull’appoggio della sua famiglia, degli amici e della comunità medica dell’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana, che gli hanno offerto sostegno e incoraggiamento in ogni fase del percorso.  Anche se ci sono stati momenti duri e incomprensioni riguardanti la scelte di terapie o percorsi da intraprendere ha sempre avuto la forza di rialzarsi e guardare avanti. Grazie alla sua determinazione, Jason ha potuto affrontare i trattamenti più impegnativi con coraggio. La storia di Jason ci ricorda l’importanza di non arrendersi di fronte alle avversità, di lottare con tutte le nostre forze e di contare sull’aiuto degli altri quando ne abbiamo bisogno.

Vorrei raccontarvi la nostra storia: mio fratello ci ha lasciati a soli 24 anni, dopo aver lottato per quasi due anni contro il suo glioblastoma. Spero che il percorso che abbiamo intrapreso possa essere utile a qualcuno.
Il 9 settembre 2020 mio fratello presenta una grave crisi epilettica mentre stava guidando in una galleria, in auto con la sua migliore amica.
Lui ha sempre detto che è  stata lei ad avergli salvato la vita quel tardo pomeriggio chiamando l’ambulanza. Lei invece sostiene che lui gli ha salvato la vita avendo ancora la minima lucidità di accostare prima dell’apice della crisi.
Ricoverato in neurochirurgia veniamo contattati e informati. E’ il periodo della pandemia da COVID-19. La cosa più atroce è stata non potergli stare vicino in quei momenti di attesa infernali in pronto-soccorso, lui dentro noi fuori senza alcuna informazione se non che doveva fare una risonanza. Ore e ore.
Raggiunti in tarda serata dal neurochirurgo, visioniamo la risonanza, una massa che comprime tutto l’emisfero destro. Un mostro, ma asportabile totalmente. 
La mattina dopo l’intervento, 10 giorni dopo, la diagnosi: Glioblastoma multiforme. Bisogna trattare la zona asportata per impedire la recidiva.
Abbiamo seguito l’iter che tutti voi conoscete: asportazione del tumore, nel suo caso totale, Temodal e radioterapia.
Jason manteneva una precisione da ottimo studente universitario,  come se seguisse un importante compito seguendo alla lettera qualsiasi indicazione e senza mai sbagliare.
Una delle sue frasi che meglio ricordiamo è questa: è come essere a scuola,  faccio quello che mi dicono di fare i medici, i maestri.
Al termine della terapia a inizio dicembre 2020 ci vengono proposte 2 opzioni: iniziare uno studio clinico basato sull’immunoterapia a Zurigo e il dispositivo Optune.
Mio fratello preferiva la prima opzione perchè gli consentiva di mantenere suoi amati riccioli che invece dovevano essere rasati per utilizzare l’Optune.
Eravamo sereni. Tuttavia per un inghippo burocratico legato alla firma del consenso che doveva avvenire prima dell’inizio della terapia standard, la terapia ci viene negata dal comitato etico. Un altro motivo era che mio fratello non era abbastanza “grave”. Eravamo così delusi e affranti. Ci sentivamo presi in giro, ma Jason affrontava le notizie negative con una forza incredibile per la sua età, un pianto breve e poi va bene andiamo avanti. Venne escluso dallo studio.
Al termine delle cure tradizionali, mio fratello ha quindi iniziato la terapia con il dispositivo Optune, il famoso casco TTF, che era stato fortemente consigliato dal Professor Roger Stupp in base alle analisi molecolari del tumore, Glioblastoma NON metilato.
La terapia era impegnativa, ma efficace, e mio fratello aveva scelto di affrontarla con coraggio e determinazione. 
Il casco TTF è composto da elettrodi in ceramica collegati a un apparecchio portatile, che genera un campo elettromagnetico pulsante che impedisce alle cellule gliali di riprodursi.
Una terapia che condiziona la vita del paziente e di chi gli è vicino in quanto la pelle sulla testa necessita di cure continue, gli elettrodi possono causare in alcuni casi se non ben posizionati piccole ulcere a causa del calore che emanano. 
Ma pure in questo caso, mio fratello si dimostra il paziente, studente perfetto raggiungendo traguardi con la terapia oltre quelli prefissati. Ma lui era così, per lui era come un compito a scuola. Faccio quello che dicono.
Vi è un numero di ore massimo in cui il dispositivo deve essere mantenuto in funzione per essere efficace, lui da ottimo studente lo superava sempre. La sua referente Optune è sempre stata disponibile, un servizio eccelso e una persona con tanta umanità, cosa non scontata da trovare di questi tempi.
A metà luglio 2021 i primi sintomi di una recidiva. Eravamo in montagna, in famiglia, stavamo ridendo per i racconti delle vacanze del fratello maggiore. All’improvviso un sua assenza, uno sguardo fisso. Solito iter in tempo di COVID-19, ma questa volta non ci avrebbe fermato nessuno dallo stargli vicino. Conoscevamo questa malattia.
La recidiva che si era presentata era piccola e facilmente asportabile, da qui il secondo intervento con rimozione totale. Una delle sofferenze che credo siano state più pesanti da sopportare era la degenza in ospedale sia per Jason che anche per noi.
Per lui era importante rientrare il prima possibile a casa dai suoi famigliari, nel suo ambiente. La degenza durò 4 giorni.
Avrebbe potuto continuare con il TTF, ma ha scelto di rinunciarvi, poiché il posizionamento degli elettrodi richiedeva di radersi continuamente i capelli e per mio fratello, ragazzo dai capelli ricci e folti era un sacrificio troppo grande radersi in continuazione e il dispositivo limitava in parte la sua qualità di vita da ragazzo e con ancora la voglia di avere una vita “apparentemente normale” nonostante la sua malattia. In un futuro spero che si investa maggiormente in questa terapia efficace, per permettere con più facilità la sua gestione.
Ci vengono proposte quindi tre alternative. Terapia di seconda linea con CCNU, oppure terapia sperimentale fortemente consigliata. Se la terapia sperimentale non funzionava si sarebbe intrapresa la terapia di seconda linea.
Come terapia sperimentale vi erano due possibilità: Il Regorafenib a Padova e una terapia a Ginevra con un vaccino a base di linfociti T, con un’eventual eventuale immunoterapia associata. Abbiamo fatto un tentativo di andare a Padova per una visita nonostante le complicazioni dovute al fatto che eravamo residenti in un’altra nazione, la Svizzera. Tuttavia il tentativo non è andato a buon fine a causa di un disguido.
Al rientro in Svizzera dopo ore di viaggio eravamo sconfortati. Mio fratello tuttavia aveva già deciso che la sua scelta sarebbe stata Ginevra anche se volevamo lasciare ogni porta aperta e qualsiasi possibilità di scelta.
Ci rechiamo quindi a Ginevra a inizio settembre, purtroppo anche qui ci viene comunicato che lo studio clinico non può essere intrapreso se non vi è recidiva alla risonanza. Da una parte eravamo sereni, dall’altra l’attesa di dovere aspettare per intraprendere la nuova terapia era snervante.
Ad inizio novembre ci fu la conferma della recidiva e quindi abbiamo potuto iniziare la terapia sperimentale. 
Lo studio prevedeva due rami: un primo ramo con il solo vaccino a base di linfociti T e un secondo ramo con Vaccino a base di linfociti T e un’immunoterapia associata.
Lo studio prevedeva una scelta casuale per l’inserimento in uno dei due rami. 
Jason fu quindi inserito nel ramo che prevedeva il solo vaccino. Per un mese, tutti i week end ci recavamo dal Canton Ticino a Ginevra in auto per la somministrazione del vaccino e la visita medica. Seguiti da un Team medico impeccabile, dopo un mese purtroppo il tumore era già aumentato ed erano comparsi anche alcuni disturbi visivi. 
A dicembre 2021 d’accordo con il team medico  abbiamo deciso di iniziare una seconda linea di trattamento con Avastin e CarboPlatino ma purtroppo con l’aggiunta della chemioterapia la terapia per Jason divenne troppo pesante, sino a quando venne ricoverato per delle micro-emoraggie cerebrali. Anche qui la sua forza di volontà lo porto a poter rientrare a casa in breve tempo.
La parte più difficile per una famiglia ma anche il gesto d’amore più forte è stato quello di accettare la scelta di Jason di sospendere tutte le terapie e di optare per una cura palliativa domiciliare, con l’assistenza di un’equipe medica specializzata in cure palliative. Il suo desiderio più grande era quello di passare il tempo con tutti noi e i suoi amici più cari. È stato un momento molto difficile per tutti noi, ma mio fratello ha lottato fino all’ultimo respiro. 
È morto all’inizio di luglio 2022 nella sua casa, circondato dall’affetto della sua famiglia e delle persone a lui care.
La malattia di mio fratello è stata una vera e propria battaglia, la sua forza e il suo coraggio una fonte di insegnamento, anche se la sua assenza è un dolore immenso, vogliamo ricordarlo con affetto e riconoscenza per la sua forza. 
Mia madre mi ricorda sempre che mio fratello Jason è sempre stato un bambino pieno di gioia ed era bellissimo sentirlo ridere. Si faceva delle risate sul divano senza un motivo apparente, tutti volevano averlo vicino. Crescendo è diventato maturo e determinato, si era creato una propria identità. Puro di cuore, aperto a qualsiasi opportunità, era un piacere infinito parlare con lui di qualsiasi cosa. Anche durante la malattia spesso sono emersi pensieri da parte sua molto maturi per l’età che aveva, discorsi dolorosi ma veri e profondi. Pensieri espressi durante le passeggiate notturne guardando le stelle e se anche allora non volevo accettare quelle sue parole ora mi sostengono. 
Speriamo che la sua esperienza possa essere utile ad altri che si trovano nella stessa situazione ed è con questo spirito che ho voluto scrivere la sua storia. Tutti noi speriamo che le terapie contro questo tumore cerebrale continuino a evolversi per offrire sempre maggiori possibilità di cura.
Infine un ringraziamento alla associazione Frédéric Fellay che ci hanno sostenuto nel percorso di Ginevra e alla cara infermiera Annalisa.”